Minerali in equilibrio: quando meno è meglio

Gli oligoelementi come rame, zinco e manganese svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute, della produttività e del successo riproduttivo delle bovine da latte. Sostengono le difese immunitarie, l’attività enzimatica e le prestazioni complessive della mandria. Per anni le strategie nutrizionali si sono concentrate principalmente sulla prevenzione delle carenze, spesso con un approccio prudente volto a evitare interazioni minerali che potessero ridurne l’assorbimento. Questa mentalità conservativa, unita agli ampi margini di sicurezza tollerati, ha però portato a un fenomeno diffuso di sovraintegrazione, ben al di sopra quindi dei reali fabbisogni degli animali.

Oggi, le evidenze mostrano che l’eccesso, più che la carenza, rappresenta la sfida più comune nella nutrizione dei bovini da latte.

 

Dai problemi di carenza all'eccesso di supplementazione

Storicamente, il problema principale era rappresentato dalla sotto integrazione di oligoelementi. Il rischio di carenza appariva più immediato, e l’industria tendeva a formulare le diete con ampi margini di sicurezza. Il timore degli antagonismi, come l’effetto del ferro o dello zolfo alimentare sull’assorbimento di rame e zinco, ha ulteriormente incoraggiato una supplementazione eccessiva.

Tuttavia, studi recenti evidenziano che le bovine da latte ricevono frequentemente quantità di minerali ben superiori ai reali fabbisogni fisiologici. Ad esempio, un’indagine condotta su 139 allevamenti in California e nel Canada orientale ha mostrato che le concentrazioni di rame nelle diete delle vacche in lattazione superavano del 70–80% i valori raccomandati dal NASEM (10 ppm). Sebbene la tossicità acuta da rame sia rara, un apporto eccessivo e prolungato può determinare un accumulo epatico progressivo che espone gli animali a un rischio crescente di tossicità cronica.

 

Il costo nascosto del sovradosaggio di minerali

L’eccesso di minerali nella dieta è spesso un problema “invisibile” nella gestione quotidiana della mandria. Proprio come l’ipocalcemia subclinica, anche il sovraccarico minerale provoca sintomi lievi e aspecifici, che però compromettono le performance e la fertilità delle bovine. In Michigan, quasi la metà dei campioni di fegato analizzati ha mostrato livelli di rame superiori alla soglia di sicurezza di 500 ppm, e nel 12% dei casi sono stati registrati valori oltre 850 ppm sulla sostanza secca. Andamenti simili sono stati riportati nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, dove l’accumulo cronico di rame è ormai diffuso tra le vacche a fine carriera.

Le conseguenze sono rilevanti. Elevate concentrazioni di rame epatico sono state associate a tassi di concepimento più bassi e a un maggior numero di inseminazioni necessarie per gravidanza, comportando un impatto diretto sulla redditività aziendale. Oltre alla salute animale, le implicazioni ambientali sono altrettanto preoccupanti: l’eccesso di minerali viene escreto con le deiezioni, accumulandosi nel suolo e nelle acque. Ciò può alterare l’equilibrio dei nutrienti del terreno, modificare le comunità microbiche e contribuire nel tempo al degrado ambientale. Dal punto di vista economico, la sovra integrazione rappresenta un costo inutile, senza alcun beneficio in termini di produttività.

 

Verso un'alimentazione minerale equilibrata

Recenti lavori di Daniel et al. offrono una chiave di lettura più chiara sul motivo per cui l’eccesso cronico di minerali sia diventato così comune. Gli autori mostrano che i bovini possiedono una capacità di adattamento agli apporti ridotti superiore a quanto si pensasse, grazie a meccanismi di regolazione che aumentano l’assorbimento in condizioni di carenza. Al contrario, quando l’apporto dietetico è elevato, soprattutto nelle vacche in lattazione con alto consumo di sostanza secca, tali meccanismi non riescono a prevenire l’accumulo eccessivo di minerali nell’organismo. Queste evidenze sottolineano l’importanza di sostituire i vecchi margini di sicurezza con strategie di nutrizione di precisione, che rispettino sia i limiti inferiori che quelli superiori del fabbisogno minerale.

Con l’evoluzione dell’allevamento verso una maggiore sostenibilità ed efficienza, nutrizionisti e allevatori devono passare da un approccio “assicurativo” a uno basato sulla supplementazione di precisione. Soddisfare, ma non superare, i fabbisogni è la chiave per garantire produttività nel lungo periodo e tutelare al contempo gli aspetti economici e ambientali.

 

Conclusioni

Gli oligoelementi restano fondamentali per la salute e la produttività delle bovine da latte. Tuttavia, il timore di una sottointegrazione ha creato un nuovo problema: la cronica sovrasupplementazione. Oggi il settore dispone di strumenti scientifici e modelli aggiornati per raggiungere il giusto equilibrio, proteggendo la salute animale, salvaguardando l’ambiente e migliorando la redditività aziendale. La nutrizione minerale di precisione, supportata dalla ricerca e da strumenti di formulazione moderni, rappresenta il futuro della gestione minerale nelle mandrie da latte.

 

Catalin Necula, DVM, PhD